venerdì 27 febbraio 2009

Triangolare Barintesta

Lunedì 2 marzo l'associazione Barintesta ha organizzato un triangolare in memoria di Guido.

Alle tre partite, che si giocheranno all'Olimpic Center a partire dalle 14:30 (via Caldarola 8, a Japigia sulla complanare alla Tangenziale di Bari direzione Sud) e che saranno arbitrate da Gianluca Paparesta, parteciperanno una rappresentativa dell’associazione Bari In Testa, una dei giornalisti ed una di vecchie glorie del Bari, tra cui Di Gennaro, Guastella, Cuccovillo, Loseto, De Trizio, e anche Igor Protti.

La data è stata definita in funzione della presenza di Igor Protti, di cui Guido è sempre stato tifoso, così come tutti i baresi, per gli entusiasmanti risultati della sua esperienza nel Bari (capocannoniere di serie A nella stagione '95-'96).
Sarà presente la famiglia Signorile, e nell'occasione sarà presentata l'iniziativa per la raccolta di fondi per la realizzazione della scuola per ragazzi disabili in Benin intitolata a Guido.

sabato 21 febbraio 2009

La partita del Cuore

Domenica 1° marzo 2009, in occasione del primo anniversario dalla scomparsa di Guido, abbiamo organizzato una partita amichevole di calcio a 7.
Si giocherà presso il campo coperto della COFIT in via Giovanni Amendola, 233/A a Bari, dalle 16,30 alle 18,30. La partecipazione è gratuita ed aperta a tutti. Chi vuol giocare può iscriversi commentando questo post.

Con l'occasione presenteremo il progetto "Ragazzi disabili del Benin" dei frati Comboniani, per la costruzione della scuola intitolata a Guido, ed avvieremo la raccolta di fondi.

martedì 17 febbraio 2009

Progetto ragazzi disabili Bénin, 1998 – 2008

Pubblico la lettera ricevuta da Fra' Mario Citterio, dei missionari Comboniani, che racconta il progetto in cui si inserisce la costruzione della scuola che vogliamo dedicare a Guido.

"Siamo giunti al decimo anniversario dal giorno in cui abbiamo iniziato le nostre attività. Credo sia giusto parlare al plurale, sì perché noi tutti abbiamo creato e dato vita a questo progetto, che è importante per me e credo per tutti quelli che da vicino o da lontano hanno dato generosamente il loro tempo e, cosa importante, la loro amicizia.

Il tutto inizia con un incontro di una ra
gazza portatrice di un handicap a causa di una malattia che da noi è solamente un ricordo. Da quel momento nasce per me e credo per voi tutti qualcosa di meraviglioso. Certo per prima cosa ho voluto creare solidarietà a livello locale. Essendo incaricati di seguire i gruppi caritas della parrocchia mi sono impegnato perché il tutto non arrivasse dall’alto, ma che in loco ci s’impegnasse nella misura del possibile.

Cosi si è iniziato un lungo dialogo che ha portato i suoi frutti. In quel momento potevo scrivere ad un caro amico: Sandro.
Ho conosciuto Sandro durante una sua visita in Togo e li è nata la nostra amicizia. Ero certo di una cosa: se è per il bene di una persona, si deve cercare ovunque. Credo che le parole che hanno messo in crisi Sandro siano state queste (una persona che cammina sulle ginocchia e guarda gli altri dal basso verso l’alto non ha dignità). E questo, ne sono convinto, è stato il motivo che ci ha permesso di portare avanti lungo questi anni questo progetto.

Oggi abbiamo dieci anni e credo sia un motivo di gioia
e di speranza per il futuro. In questo primo decennio d’attività tanti ragazzi e ragazze hanno sperimentato la gioia di iniziare una nuova vita e di questo noi dobbiamo essere orgogliosi.

Vorrei qui ricordare la prima ragazza, Elise.
Il cammino che abbiamo iniziato con lei non è stato semplice. Per me era un nuova esperienza, è vero ero in Africa da ben 12 anni ma mai mi ero ritrovato davanti a questa realtà. Credo che l’inizio sia sempre difficile, ma è il momento in cui si mettono le basi per portare i frutti in seguito. Per Elise che futuro ci poteva essere? Un futuro fatto di povertà e di sofferenza, e cosi iniziammo la nostra avventura. Elise ha passato ben dieci mesi in ospedale, un mese in più della gestazione, ma io ne sono convinto e come una nuova nascita. In questi dieci mesi ben sei sono gli interventi per dare ad Elise la possibilità di camminare, di essere finalmente una persona con la dignità che noi tutti abbiamo perché è un nostro diritto. Importante è anche dire che l’ospedale si trovava in Togo, di conseguenza un'altra nazione, e distante da Cotonou ben 120 Km. Cosa non facile se si pensa che bisognava seguire Elise in tutto, portare da mangiare, lavare la biancheria, e tutti vari servizi che il ricovero in ospedale richiedeva. Qui devo dire il mio grazie a coloro che per tutti questi mesi hanno seguito Elise spostandosi regolarmente da Cotonou per essere vicine a Elise. Credo che questo sia l’inizio di una storia che dopo dieci anni continua, nonostante la mia lontananza da quest’amata Africa. In seguito abbiamo seguito Elise per anni cercando di dare ciò di cui ogni uomo ha bisogno per vivere. Una nuova tappa per Elise e per tutti noi: la scuola per una formazione di base, imparare a leggere e scrivere, e una professione che la renda autonoma, con le difficoltà che non sono mancate. Oggi posso affermare che abbiamo ridato vita ad Elise, ma non solamente a lei.

La seconda ragazza a cui abbiamo dato la possibilità
di ritrovare gioia è stata Honorine, con lei non è stato facile, avendola vista la prima volta portata da un assistente sociale ero sicuro che la cosa sarebbe andata velocemente, ma si deve entrare nella psicologia della persona e capire tutti gli anni vissuti in queste condizioni. Honorine aveva superato i venti anni e questo non ha facilitato il nostro impegno. Anche per Honorine ci sono voluti mesi di ospedale sempre in Togo. Da Honorine in poi, però, il tutto si è fatto in Bénin, coinvolgendo operatori locali. La scelta è stata un obbligo dato che il medico che aveva seguito Elise e Honorine si era trasferito in Bénin. La distanza diventava proibitiva, i Km diventavano 750, con tutte le difficoltà che questo comportava. Come per Elise, la vita di Honorine ha avuto una svolta ma il suo carattere e la sua timidezza a volte rendono difficile il seguito. La famiglia gli è vicina e questo è gia positivo.

Con Honorine veniamo alla fase due. Sì, perché da quel momento inizia il passaparola, e regolarmente mi si presentano ragazzi(e) con il desiderio di ritrovare la gioia di vivere.
Le loro storie sono quasi tutte uguali, con un'unica differenza: l’età e la realtà famigliare, a volte molto complessa e frutto d’ignoranza. Questo parecchie volte ha allungato il processo di riabilitazione.

Parlo di Pulcerie, per me il caso più difficile, ma credo uno dei più riuscito con quello di Leucadie.
La storia di Pulcerie inizia nel 2002 per terminare nel 2006. Quando trovo Pulcerie per la prima volta mi ritrovo una ragazza stupenda, sul suo viso un sorriso che ti lascia senza fiato. Allora aveva 16 anni decisa più che mai ha sfidare quanti gli sono contro, in quell’anno Sandro viene a trovarmi in Bénin e subito mi dice: dobbiamo fare qualcosa.
Credo che anche lui sia rimasto colpito da questo sorriso, e dalla serenità di questa ragazza di cui vedete la foto. Il cammino è stato lungo, a causa dell’ignoranza e delle paure da parte delle persone che dovevano essere di stimolo per lei. Così ci siamo ritrovati che, al momento decisivo, i genitori hanno rifiutato l’intervento con le conseguenze che ben si possono immaginare.
Nel 2004 con la mia partenza il tutto sembrava finito. Fu in quel momento che, per la prima volta, vidi una lacrima sulle guance di Pulcerie, e questo mi ha lasciato triste da una parte, ma dall’altra mi ha dato coraggio.

Certo che quanto si stava facendo era solamente per il bene di Pulcerie, d’accordo con il medico e il fisioterapista abbiamo proseguito imperterriti il nostro cammino, dovevamo solamente aspettare che Pulcerie arrivasse ai 18 anni, età in cui avrebbe avuto la possibilità di scegliere senza il consenso dei genitori o parenti vari.
Siamo in Italia e le comunicazioni non sono facili, nei momenti in cui riesco a comunicare chiedo sempre di Pulcerie e durante una mia breve visita nel settembre 2005 ho incontrato Pulcerie e l’assistente sociale che da anni la stava seguendo, decisi ha compiere il passo decisivo. Gli ostacoli non sono mancati ma alla fine la tenacia e il desiderio di noi tutti ha portato i suoi frutti che sotto possiamo vedere con i nostri occhi.

La lista è lunga e credo sia importante parlare di tutti, certo che le storie, pur diverse, hanno tutte uno stesso dominatore: l’amore per coloro che vengono emarginati, per non dire abbandonati da una società che produce solamente differenze.

Leucadie, una bambina di una vivacità incredibile. Un giorno me la ritrovo con la madre, lei sulle spalle della mamma e la gemellina accanto a lei. La mamma osa chiedere con voce timida se si poteva fare qualcosa, e la bambina che mi diceva 'voglio andare a scuola come mia sorella', una domanda che non poteva restare senza risposta. Iniziamo anche con lei il cammino di rinascita. Per lei sono sei i mesi d’ospedale, tra cui tre in un centro per bambini disabili dove è seguita e aiutata nell’imparare a camminare. Ho avuto modo di vedere con i miei occhi il progresso di Leucadie, e io stesso ne sono rimasto meravigliato. Basta come testimonianza il fatto che dopo un anno e mezzo correva senza neanche usare le stampelle e a scuola era tra le prime della classe. Di lei ho con me il ricordo di una bambina che ha la voglia di dire a noi tutti che la vita ha senso quando è vissuta in pienezza.

Poi ci sono casi più semplici perché la presenza dei genitori è stata assidua, parlo di Eustache Akoto e Alain, Juanita che per ben tre anni sono stati seguiti portando frutti meravigliosi. Il problema rimane poi l’inserimento nel mondo del lavoro, come da noi il disabile è emarginato a causa del suo handicap, ma come detto sopra ci sono persone che da anni seguono amorevolmente questi ragazzi(e).

Nella foto a lato troviamo Juanita, davanti con vestito bianco, Elise a destra della foto, Rosaline a sinistra; dietro a Rosaline Eustache, Alain tra Elise e Juanita con la maglietta bianca. Questa foto esprime i frutti delle attività portate avanti, anche se risale al 2004, giorno della mia partenza da Cotonou, dove si trova il mio cuore.

Troviamo Rosaline di cui non avevo ancora accennato, ragazza che viveva in una casa se cosi si può chiamare, fatta da foglie di palma e il tetto in paglia al bordo dell’oceano. Dio solamente conosce quanto mi è stato difficile seguire Rosaline. Non parlava una parola di francese e parlare di cose come protesi e termini medici è stata una vera avventura che però ha avuto un buon esito. Oltre all’intervento fisico Rosaline è stata seguita per anni, un corso base per leggere e scrivere e una formazione come sarta che oggi gli permette di vivere, certo semplicemente ma credo sia questo lo scopo del nostro progetto dare vita.
Veniamo a Valérie; sembrava una passeggiata il suo ricovero e l’intervento, ma le complicazioni non sono mancate e hanno influito sulle nostre finanze. Il ricovero che doveva essere di un mese, si è prolungato per ben sette mesi, complicazioni che hanno creato in noi tutti non poca paura, le piaghe non guarivano a causa di una malattia tipica dell’area del golfo di Guinea. Nel frattempo il papà di Valérie, unico sostegno della famiglia, ci lasciava per sempre con le conseguenze che questo comportava, un impegno assiduo di coloro che avevano preso a cuore Valérie medico e infermieri compresi.

Veniamo a Thomas. Non ho con me le foto, ma anche per lui abbiamo fatto un miracolo: si, le foto parlano più di quanto scritto, si vede con i propri occhi cosa e come è cambiata la vita di questo ragazzo, credo sia importante per noi tutti capire una sola cosa: è bello vedere con i propri occhi cosa può fare l’amore per l’uomo.

Per quanto riguarda il 2008: è stato un anno di stasi dovuta anche ai miei impegni che non mi hanno permesso di restare in contatto con le varie persone che seguono i ragazzi. Questo non vuol dire che non si è fatto nulla al contrario abbiamo avuto due bambine che si aggiungono alla lista: Colombe e Monique, per loro inizia un cammino che li porterà alla vita normale, fatto di scuola e in seguito il passo che darà loro un avvenire migliore. Per loro la spesa è di 950,00 € per Colombe e 720,00€ per Monique. A questo punto vorrei dire grazie a voi tutti amici per queste persone che grazie alla vostra amicizia hanno ritrovato la gioia di vivere, di guardare il mondo con occhi diversi, i loro sorrisi credo siano il grazie più bello che va al di la di tante belle parole.


Per terminare vorrei dire il grazie a quelle persone che hanno collaborato in questo progetto, persone che hanno condiviso e condividono lo stesso ideale, quello di dare vita. Il grazie va a Fr. Fiorenzo Priuli, persona cara, lui ha seguito Elise, Honorine e Rosaline. In seguito il dottor Seraphin Gbenou, medico che con maestria e grande umanità si è occupato del seguito del progetto. Credo che un grazie va in modo particolare a Nestor Hounwanou, collaboratore e amico di questi ragazzi, che porta avanti il suo lavoro di fisioterapista e si occupa delle protesi e varie apparecchiature. La signora Colette Attolou assistente sociale che non si è mai scoraggiata nonostante le incomprensioni delle varie famiglie, e la mancanza di mezzi per il suo lavoro.
Poi vorrei ricordare una persona a me cara: Richard Danbenou, ex responsabile della Caritas, sempre disponibile, in particolare per il trasporto dei ragazzi in ospedale. Oggi purtroppo non è più in grado, a causa di una malattia agli occhi, purtroppo è quasi non vedente.
Potrei continuare non so quanto, ma i nomi hanno valore nella misura in cui ancora oggi il progetto continua nonostante ci siano 7000 Km che ci separano. In totale sono una quindicina le persone, semplici operai o mamme, che danno generosamente il loro amore e la loro disponibilità per questo progetto che oserei chiamare "Raggio di Sole" per la luce che porta dentro il cuore e la vita di questi ragazzi.

Qui davanti a me ho una lista di ben dieci tra ragazzi(e) che aspettano il nostro aiuto e sono certo che anche oggi dove si parla di crisi economica i nostri cuori esprimono ancora il desiderio di portare gioia e serenità.

Vi giunga il mio abbraccio fraterno per la vostra amicizia e la vostra pazienza verso di me, che non sempre sono fedele ad essere il porta parola di quanto realizzato, ma gli impegni sono diversi e il mio augurio è che possa ritornare di nuovo in Bénin per essere a contatto con questi tesori dell’umanità".

Fr. Mario Citterio

sabato 7 febbraio 2009

Una scuola in Benin

Stiamo organizzando una raccolta di fondi per aiutare Frate Mario dei Comboniani a costruire una scuola per bambini disabili in Benin.
La scuola sarà intitolata a Guido Signorile.


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